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Proverbi napoletani in dialetto con traduzione in italiano

panoramica napoli

Vi presentiamo una raccolta di proverbi napoletani famosi, scritti in dialetto ma con traduzione e significato in italiano.

Alcuni modi di dire made in Napoli, grazie soprattutto a televisione e musica, sono ormai entrati nel linguaggio di tutti gli italiani. Vi proponiamo una raccolta di proverbi napoletani, in dialetto ma con traduzione e significato in italiano, con cui potete mettervi alla prova.

I proverbi napoletani piĆ¹ famosi

Il dialetto campano, soprattutto napoletano, ĆØ diventato familiare anche per quanti non sono nati nella Regione. Il merito ĆØ soprattutto delle serie tv, Mare Fuori in primis, che in un certo senso hanno sdoganato la parlata tipica di quanti vivono ai piedi del Vesuvio. Anche la musica, basti pensare a Geolier con la sua I pā€™ me, tu pā€™ te, ha contribuito a quella che potremmo quasi definire l’italianizzazione del dialetto napoletano. Un tempo era impensabile, ad esempio, sentire un milanese cantare, o meglio provare a intonare qualche strofa musicale in napoletano.

Allo stesso modo, alcuni proverbi campani sono entrati nel linguaggio comune. Quanti possono dire di non aver mai sentito pronunciare detti come Ogni scarrafoneĀ ĆØ bello ā€˜a mamma soja? Questa frase si usa per dire che tutti i genitori giudicano belli i propri figli. Vi proponiamo una raccolta dei modi di dire campani piĆ¹ famosi:

  • Lā€™amico ĆØ commeā€™ ā€˜o ā€˜mbrello: quannno chiove nun o truove maje. (L’amico ĆØ come l’ombrello: quando piove non lo trovi mai)
  • Co ā€˜a vocca chiusa nun traseno mosche. (Con la bocca chiusa non entrano le mosche)
  • ā€˜A meglio parola ĆØ chela ca nun se dice. (La parola migliore ĆØ quella che non si dice)
  • Giacchino mettette ā€˜a legge e Giacchino fuje ā€˜mpiso. (Gioacchino fece la legge e fu impiccato, un altro modo per dire chi ĆØ causa del suo mal pianga se stesso)
  • ā€˜A Cunferenza ĆØ padrona d’ ā€˜a malacrianza. (Troppa confidenza porta alla maleducazione)
  • Dicette o pappice vicino aā€™ noce: rammā€™ o tiempā€™ ca te spertose. (Disse il verme alla noce: dammi tempo che ti perforo, per dire che con tempo e costanza si raggiungono perfino risultati impossibili)
  • AĀ cuoppo cupo, poco pepe capa. (Nel cuoppo entra poco pepe, per dire che chi ĆØ sazio non puĆ² riempirsi di piĆ¹)
  • E deritte moreno pe’ mmane d’ ā€˜e fessi. (Gli intelligenti muoiono per mano degli stupidi)
  • Chi pecora se fa, ā€˜o lupo sā€™ ā€˜o magna. (Chi si fa pecora, il lupo se la mangia, per dire che quanti hanno un atteggiamento dimesso saranno sopraffatti dal piĆ¹ forte)
  • A’ vita ĆØ n’apertura e cosce e ā€˜ na chiusura e cascia. (La vita ĆØ unā€™apertura di cosce e una chiusura di cassa, per indicare l’inizio e la fine della vita)
  • S’ĆØ aunito ā€˜o strummolo ā€˜a tiriteppola e ā€˜a funicella corta. (Si sono uniti la trottola che gira fuori centro e lo spago corto, per indicare cose che non funzionano come dovrebbero)
  • A chi parla areto ā€˜o culo ā€˜o risponne. (A chi parla alle spalle, il sedere gli risponde)
  • Chi chiagne fotte a chi ride. (Chi piange frega a chi ride)
  • ā€˜E chiacchiere s’ ā€˜e pporta ā€˜o viento; ā€˜e maccarune jengheno ā€˜a panza. (Le chiacchiere se le porta il vento; i maccheroni riempiono la pancia)
  • A mangiĆ  jamm bell e a durmƬ nisciun ce passa. (A mangiare andiamo bene e a dormire nessuno ci supera)
  • Frije ā€˜e pisce e guarda ā€˜a jatta. (Frigge il pesce e guarda la gatta)
  • Dicette ā€˜o puorco all’aseno: tenimmece pulite!. (Disse il porco allā€™asino: teniamoci puliti, un altro modo per dire il bue chiama cornuto l’asino)
  • Ogni capa ĆØ ā€˜nu tribunale. (Ogni testa ĆØ un tribunale, per dire che siamo sempre pronti a giudicare gli altri)
  • ā€˜A gatta, pe gghƬ ā€˜e pressa, facette ā€˜e figlie cecate. (La gatta per andare di fretta fece i figli cechi)
  • Meglio nu ciuccio vivo, ca nu duttore muorto. (Meglio un asino vivo che un dottore morto, per dire che non importa quello che sai fare, lā€™importante ĆØ agire perchĆ© quando non si fa niente si ĆØ inutili)
  • Dicette Pulecenella: ā€˜Nu maccarone vale cchiĆ¹ ā€˜e ciente vermecielle. (Disse Pulcinella: Un maccherone vale piĆ¹ di cento vermicelli, per dire che una persona capace vale piĆ¹ di cento incompetenti)
  • Attacca ā€˜o ciuccio addĆ² vo’ ā€˜o padrone. (Lega lā€™asino dove vuole il padrone)
  • Quann’ ā€˜o perucchio saglie ā€˜ngloria, perde ā€˜a scienza e ā€˜a memoria. (Quando il pidocchio sale in gloria, perde la ragione e la memoria, per indicare una persona che diventa ricca facilmente e dimentica la povertĆ )
  • ā€˜O sparagno nun ĆØ maje guadagno. (Il risparmio non ĆØ mai guadagno)
Panoramica Napoli

Proverbi campani per ogni circostanza

I proverbi napoletani possono differire rispetto a quelli di altri territori campani, ma il significato resta sempre lo stesso. Di seguito, una selezione di detti popolari da utilizzare in base alle circostanze:

  • Aniello ā€˜ca nun se pava nun se stima. (Anello che non si paga non si stima, per dire che si presta poca attenzione a ciĆ² che si ottiene facilmente)
  • Chi nasce afflitto more scunzulato. (Chi nasce pessimista, muore sconsolato)
  • A’ lietto astritto, cuccate ammiezo. (A letto stretto addormentati in mezzo, per dire che la solidarietĆ  ĆØ sempre possibile)
  • Ntiempo’ e tempesta, ogne pertuso ĆØ puorte’. (In tempo di bufera ogni pertugio ĆØ porto, per dire che in tempi difficili anche il piĆ¹ piccolo appiglio ĆØ una salvezza)
  • ā€˜AĀ lira fa ā€˜o ricco, a crianza fa o signore. (La lira fa ricco, ma la creanza fa il signore, per dire che non basta essere ricchi per essere signori ma serve la buona educazione)
  • Mannaggia ā€˜o suricillo e pezza ā€˜nfosa! (Mannaggia il topolino e lo straccio bagnato, si tratta di un’imprecazione senza senso usata per sostituire parolacce pesanti)
  • Eā€™ meglā€™ nā€™apertura rā€™coscā€™, ca nā€™aperturā€™ rā€™ cascā€™. (ƈ meglio unā€™apertura di cosce che unā€™apertura di cassa, per dire che ĆØ meglio ottenere risultati con facilitĆ  usando il sesso che lavorare per guadagnarseli)
  • Dicette ā€˜o ciciniello vicino ā€˜o squal: ā€œpurā€™io sĆ² pesceā€. (Disse il latterino allo squalo: ā€œā€pure io sono pesceā€, per indicare i bambini con troppe pretese)
  • ā€˜E mmalatƬe veneno a cavallo e se ne vanno ā€˜a ppĆØre. (Le malettie vengono a cavallo e vanno via a piedi)
  • Chiacchiere e tabacchere ā€˜e lignamme ā€˜o banco ā€˜e napule nun ne ā€˜mpegna. (Chiacchiere e tabacchiere di legno il Banco di Napoli non ne impegna, per dire che non si devono fare promesse impossibili o raccontare bugie)
  • ā€˜E bizzoche prejano a Ddio e sfessano ā€˜o prossemo. (Le bigotte pregano Dio e sparlano del prossimo)
  • Quann’ ā€˜o mare ĆØ calmo, ogni strunz ĆØ marenaro. (Quando il mare ĆØ calmo, ogni stupido ĆØ marinaio)
  • Chi nun sta ā€˜a sentƬ a mamma e pate va a murƬ addĆ² nun sape. (Chi non sta a sentire madre e padre va a morire dove non sa)
  • Faccia tosta campaje, faccia moscia murette. (La faccia tosta visse, il timido morƬ)
  • Nun sputĆ  n’ciel ca n’facc te torna. (Non sputare in cielo perchĆ© ti torna in faccia)
  • ā€˜A femmena bona si ĆØ tentata e resta onestaā€¦ nun ĆØ stata bona tentata! (La donna bella se ĆØ messa in tentazione e resta onesta)
  • ā€˜O pesce fete d’ ā€˜a capa. (Il pesce puzza dalla testa)
  • E solde fanno venƬ ā€˜a vista ā€˜e cecate. (I soldi fanno tornare la vista ai ciechi)
  • ā€˜A collera ĆØ fatta a cuoppo, chi s’ ā€˜a piglia schiatta ā€˜ncuorpo. (Lā€™ira ĆØ come un cartoccio, chi la prova scoppia in corpo)
  • ā€˜O scarparo porta ā€˜e ppeggio scarpe. (Il calzolaio porta le scarpe peggiori)
  • Acqua cĆ  nun cammin fa pantano e feta. (Acqua che non cammina, fa pantano e puzza, per dire che non bisogna mai fidarsi delle persone che stanno in silenzio e non dicono quello che pensano)
  • Dopp’ arrubbate, Pullecenella mettette ā€˜e cancielle ā€˜e fierro. (Dopo essere stato derubato Pulcinella mise i cancelli di ferro, per indicare situazioni ormai fuori controllo)
  • ā€˜A gallina fa ll’uovo e a ā€˜o gallo ll’abbruscia ā€˜o mazzo. (La gallina fa lā€™uovo e al gallo brucia il sedere)
  • E’ asciuto pazzo ā€˜o patrone! (Il padrone ĆØ diventato pazzo, per indicare una persona molto generosa)
  • Dicette ā€˜o parrucchiano: “Fa chello ca te dico je e no chello ca facc’ je”. (Disse il prete: “Fa quel che dico, ma non ciĆ² che faccio”)
  • Storta va, deritta vene. (Storta va, diritta viene, per dire che una cosa all’inizio sembra sbagliata si rivela poi giusta)

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ultimo aggiornamento: 4 Luglio 2024 12:58

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